È anacronistico avere un Maestro oggi? Può essere un limite per la nostra individualità?
Dal punto di vista occidentale avere una guida, un mentore, può essere interpretato con un’accezione negativa. Le figure di “guru” che offrono soluzioni per realizzarsi e avere successo hanno lasciato un segno nella nostra società, e in alcuni casi hanno anche alimentato un sentimento di sfiducia nei confronti del prossimo. Con molta più naturalezza cerchiamo ispirazione qua e là per realizzarci da soli. Sebbene la crescita interiore e spirituale sia qualcosa di strettamente personale, il cammino che si intraprende non lo è del tutto. Scegliere un buon maestro che, con il suo esempio, promuove un insegnamento che riconosce l’infinito potenziale presente in ognuno e responsabilizza l’individuo nel proprio ruolo come cittadino, è tutto fuorché anacronistico. Lo sviluppo di società sane e pacifiche non si può concretizzare senza la crescita dei cittadini stessi, per questo un legame genuino di Maestro e Discepolo non mina l’individualità delle persone, ma piuttosto la esalta. L’armonia nella diversità è un fattore davvero cruciale che va trattato con la massima cura.
Il lignaggio del legame Maestro e Discepolo: una corrente ininterrotta della nobiltà umana
Nel Buddismo, sin dalla sua nascita, la relazione di Maestro e Discepolo ha permesso la trasmissione dei suoi insegnamenti fino ai giorni nostri. Il maestro si impegna a condividere dottrine e incoraggiamenti, che permettano alle persone di rinnovare la loro determinazione a manifestare la loro natura di Budda e a creare pace e felicità nella società. I discepoli si impegnano nel verificare e mettere in pratica le guide del maestro prima di tutto nella preghiera al Gohonzon e nelle loro azioni.
Questo legame infatti è un canale a due direzioni e viene spiegato nei termini di non dualità tra Maestro e Discepolo. Il lignaggio dottrinale che si è creato nei secoli è stato soggetto a variazioni e riforme, questo perché la strada di non dualità non si trova nell’imitare il maestro o fare solo ciò che viene detto di fare. Ma anzi, si trova nel fare proprio lo stesso cuore del maestro e nel prendere iniziativa coerentemente con questo spirito, del quale troviamo un esempio nelle parole di Shakyamuni stesso, riportate nella parte de Il Sutra del Loto che recitiamo tutti i giorni nella cerimonia di Gongyo: “Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano rapidamente alla Via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?”1
Questa nobile intenzione ha sempre animato la trasmissione dell’insegnamento buddista, che è passato da persona a persona, in un incessante scambio tra Maestro e Discepolo.
Lo scopo del Maestro è una lotta condivisa insieme ai discepoli
Ognuno di noi è un Budda! Questo assunto, nella tradizione buddista di Nichiren e della Soka Gakkai, è alla base di ogni pensiero, parola e azione del maestro, che lo esprime attraverso la profonda fede che ogni discepolo sarà sicuramente in grado di manifestare questa natura illuminata, trionfando sulle proprie sofferenze ed essendo un esempio per gli altri. Questo scambio di fiducia reciproca mette in evidenza l’importanza dell’unità di intenti e della lotta condivisa tra persone comuni. Il maestro non è quindi una figura autoritaria o gerarchicamente superiore, piuttosto è una persona che ha allenato e alimentato la sua fede, la sua capacità di credere nella Legge mistica che permea ogni cosa, e che ha deciso di dedicare tutto se stesso agli insegnamenti buddisti per realizzarne gli ideali di pace e rispetto della dignità della vita.
Le sfide attuali ci dimostrano palesemente l’esigenza di diventare degli esseri umani in grado di scegliere il dialogo al posto del conflitto, la pace al posto della guerra, di vincere con gli altri e non sugli altri. Come dimostrano le vite di Shakyamuni2, Nichiren Daishonin3 e dei tre presidenti fondatori della Soka Gakkai4, non si tratta di mero buonismo ma di una vera e propria battaglia spirituale che avviene prima di tutto in se stessi e che si protrae agli altri.
Una bussola per mantenere la rotta
Come scrive Daisaku Ikeda, parlando del suo maestro Josei Toda:
la gioia più grande della mia vita è stata averlo potuto incontrare ed essere diventato suo discepolo e successore, e di aver potuto mantenere questa relazione tra insegnante e studente fino al suo ultimo istante di vita
Ikeda D., Il Nuovo Rinascimento, n.771, p. 7
Il confronto costante e gli incoraggiamenti del maestro permettono al discepolo di mantenere vivo lo scopo al quale si sta dedicando, costruendo una fede resistente alle pressioni quotidiane.
Vincere su se stessi e influenzare positivamente l’ambiente con il proprio esempio richiede un impegno che difficilmente riusciamo a portare avanti in solitudine. Il valore della vita umana fiorisce quando entriamo in relazione gli uni con gli altri, con i sistemi sociali e con l’ambiente naturale. Essere liberi di mantenere con lucidità l’intenzione di creare il massimo valore possibile è il risultato della relazione di non dualità di Maestro e Discepolo; lo scopo condiviso di questa relazione svolge un ruolo di “bussola” per la lotta spirituale che comporta l’arduo cammino della costruzione di pace e felicità.
Note e Approfondimenti
1 – Il Sutra del Loto, Ed. Esperia 2014, p. 319