La storia di Domenico
Ciao Sono Domenico, ho 32 anni e pratico il Buddismo dal 2010.
Appena iniziai, ottenni il primo beneficio: trovare la mia strada professionale. Io che sono sempre stato quello che “potrebbe fare di più ma non si applica”, decisi di iscrivermi a Psicologia ottenendo grandi risultati ai primi esami. Presto però rimasi bloccato. Dall’amore per questa materia emersero una forte ansia da prestazione e un senso di inadeguatezza che mi portavano a sentire di non essere mai sufficientemente preparato per affrontarli.
Grazie al sostegno della mia fidanzata del tempo imparai a trovare il coraggio di affrontare quelle paure, riuscendo a concludere la triennale in tempo per iscrivermi subito alla magistrale e fare un altro passo verso la realizzazione del mio grande sogno: fare il ricercatore.
Quando iniziai la magistrale la mia vita, così come la pratica buddista, ebbero alti e bassi. A grandi soddisfazioni si alternarono molti momenti in cui, per quanto ogni giorno mi sforzassi, non riuscivo proprio a vedere il valore dei miei sforzi, riportando in superficie dubbi e paure. Mi sentivo come nel mito di Sisifo in cui egli porta il masso sulla montagna per poi dover ricominciare il mattino dopo.
Questa sofferenza mi portò a intraprendere un percorso di psicoterapia. Qui imparai a comprendere cosa si intende per compassione buddista e a sperimentarla su me stesso durante la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon. Compresi, quindi, che quel masso non va portato tutto intero in cima ogni giorno, ma un mattone alla volta o, come direbbe il mio Maestro Daisaku Ikeda:
La soluzione è proprio scalare quella montagna che vedete lì davanti a voi. Scalando le sue pendici svilupperete i muscoli, aumentando così forza e resistenza. Un tale allenamento vi permetterà di affrontare montagne sempre più alte. È vitale continuare a fare questo tipo di sforzi. Recitare Daimoku vi permetterà di avere a disposizione la forza vitale per riuscirvi. Recitate Daimoku e scalate la montagna davanti a voi. Una volta raggiunta la sommità, nuovi e più ampi orizzonti si apriranno davanti a voi.
Daisaku Ikeda, Sfide e visioni per il futuro, p. 11
Sentii che sviluppare questo tipo di consapevolezza mi permise di comprendere con la mia vita che la fede non è una cosa che si ha oppure no, ma può essere coltivata e costruita ogni giorno e che tutto parte dal rispettare profondamente me stesso. Come disse Nichiren:
Ciò che chiamiamo fede non è niente di straordinario. Aver fede significa riporre fiducia nel Sutra del Loto […] e recitare Nam-myoho-renge-kyo, così come una donna ama il marito, come un uomo dà la vita per sua moglie, come i genitori rifiutano di abbandonare i figli o un figlio rifiuta di lasciare la madre.
Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, IBISG, vol. 1, pag. 920
Iniziai a recitare daimoku tenendo nella mente e nel cuore queste parole e la mia vita ripartì con uno slancio nuovo. Riuscii a chiedere una tesi in un prestigioso laboratorio di ricerca a Genova dove la mia relatrice era a capo di un gruppo di ricerca. Ma l’entusiasmo di aver quasi raggiunto questo traguardo fu breve, perché la mia famiglia ebbe un crack finanziario. Questa situazione mi portò a dover lasciare momentaneamente l’università e iniziare a lavorare in palestra per aiutare la mia famiglia. Con l’arrivo del Covid però, presto mi ritrovai senza lavoro e senza soldi, potendo contare solo sui miei risparmi e l’aiuto di una persona cara.
Ancora una volta, nonostante la situazione, determinai davanti al Gohonzon di riprendere gli studi per diventare ricercatore e compiere la mia rivoluzione umana per trasformare il karma della mia famiglia, che in quel momento si trovava in una situazione economica ed emotiva davvero disperata. Con l’arrivo del secondo lockdown la situazione fu completamente diversa: lo Stato stanziò dei fondi per i lavoratori delle palestre e così, non potendo comunque andare a lavoro, ebbi la possibilità di iniziare a scrivere la tesi e allo stesso tempo compiere azioni concrete per prendermi cura di mia madre e mia sorella. Iniziammo un percorso di terapia familiare, accompagnai mia madre in un centro di salute mentale e presi contatti con degli avvocati per aiutarci ad affrontare la grave situazione finanziaria in cui ci trovavamo.
Ogni giorno era una lotta per non cedere alla sfiducia, ma credere invece di poter uscire da quella situazione. Senza mai smettere di recitare Nam myoho renge kyo e incoraggiare i miei compagni di fede, coltivai la fiducia nell’infinito potenziale che è insito negli esseri umani e che permette di trasformare qualsiasi sofferenza.
A poco a poco, la situazione debitoria migliorò e mia mamma si aprì all’idea di farsi aiutare per curare la sua malattia, non sentendosi più umiliata ma protetta. Potei quindi dedicarmi alla stesura della tesi e a pagare le mie tasse universitarie maggiorate, perché in quel caos avevo dimenticato di presentare l’isee. Grazie a un’amica sbloccai le tasse e, contestualmente, riuscii a terminare la tesi.
Per potermi laureare però, avrei dovuto superare l’ultimo esame, statistica, che mi risultava davvero difficile studiare. La prima volta che provai a sostenerlo venni bocciato, ma mi resi conto di averlo affrontato senza il solito bagaglio di ansie e paure che avevano caratterizzato buona parte del mio percorso universitario. Non potei fare a meno di provare una grande gratitudine perché mi resi conto di quanta strada avessi fatto rispetto all’inizio, quando non mi presentavo agli esami senza la sicurezza di prendere 30. Mosso da questa consapevolezza, rideterminai davanti al Gohonzon che mi sarei laureato entro marzo. Superai l’esame di statistica a gennaio e riuscii anche a sostenere un esame aggiuntivo prendendo il massimo dei voti! L’8 marzo mi sono laureato circondato dalla famiglia e dagli amici, felici di essere presenti in un momento così importante per me.
Adesso mi sento pronto ad affrontare un nuovo capitolo della mia vita, diventare un neuropsicologo e utilizzare tutti gli strumenti che ho per sostenere la vita delle persone che incontro.