La storia di Ilaria
Mi chiamo Ilaria, ho 32 anni e ho conosciuto il Buddismo nel 2011.
In quel periodo desideravo realizzare il sogno della mia vita: fare la ballerina. Infatti, a 15 anni avevo lasciato la mia famiglia per studiare all’accademia di Torino.
Vivevo in un collegio con numerose restrizioni e in un ambiente molto competitivo, e, in breve tempo, iniziai a soffrire di una delle malattie più frequenti e pericolose di quella fragile età: l’anoressia, che, in una prima fase, curai con psicofarmaci. Soffrivo profondamente e non sapevo come rialzarmi. Fu per questo motivo che decisi di fidarmi della persona che mi aveva parlato del Buddismo e iniziai a praticarlo con costanza. Cominciai da subito a stare meglio, e, a distanza di un mese, ricevetti la proposta di andare a Verona per lavorare col corpo di ballo in Arena.
Recitavo Nam myoho renge kyo, portavo i miei nuovi amici alle riunioni buddiste e leggevo gli incoraggiamenti di Daisaku Ikeda; trovai lavoro come insegnante di danza e mi preparai duramente per la successiva audizione all’Arena di Verona. Questa volta, però, fui eliminata immediatamente. Provai un dolore profondo: mi sentivo una fallita e, a quel punto, l’anoressia, che fino a quel momento ero riuscita a fronteggiare, si manifestò nuovamente.
Mi sentivo scoraggiata in partenza, perché conoscevo bene il percorso e la sofferenza che avrei dovuto affrontare, avendola già sperimentata in passato. Ma, a un tratto, mi ricordai di un incoraggiamento di Nichiren Daishonin:
Nam myoho renge kyo è come il ruggito del leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?
Risposta a Kyo’o, RSND, vol. 1, p. 365;
Decisi che questa volta, avrei trasformato definitivamente questa sofferenza. Questo tipo di determinazione nata dalla preghiera mi permise di migliorare l’atteggiamento rispetto al cibo e alla vita in generale. Iniziai a stare sempre meglio e, più la mia condizione migliorava, più mi era chiaro che desideravo abbattere tutte le paure che da anni mi portavo dietro: da tempo infatti volevo trovare una casa tutta mia anche se non potevo permettermelo. Impegnandomi nella pratica buddista quotidiana accadde l’impensabile: il mio stipendio raddoppiò e riuscii a trovare casa esattamente nella zona in cui l’avrei voluta.
Mi resi conto di quanto fossero vere e reali le parole del Presidente Ikeda quando dice:
Ogni singola sofferenza della nostra vita rappresenta la forza che ci fa progredire e può diventare la fonte della creazione di valore.
Buddismo e società n° 165;
Negli anni a seguire, ho vissuto numerose difficoltà a livello lavorativo che mi hanno permesso di temprare la mia fede, la mia persona e di acquisire maggiore sicurezza in me stessa. Mi sono dedicata all’insegnamento della danza cercando di portare nel mio ambiente l’atteggiamento sviluppato grazie alla pratica Buddista: mi sono impegnata nel trasmettere la mia passione con gioia, ho ascoltato le esigenze di ciascun allievo e ho creato dei legami umani basati sull’onestà e il rispetto.
Con l’arrivo del Covid poi, il mio settore lavorativo è stato tra i più colpiti e io mi sono ritrovata a casa per un anno e mezzo senza percepire lo stipendio. In risposta a questa drammatica situazione, continuavo a mandare curriculum per propormi in qualsiasi altro ambiente lavorativo, ma senza che ciò portasse ad alcun risultato.
Ad agosto 2021 ho iniziato ad accusare episodi di forte ansia e attacchi di panico ma, questa volta, decisi da subito di non abbattermi e mi mobilitai per cercare la cura giusta per me. Inoltre, decisi di non nascondermi dietro le mie paure, e che quello che stavo vivendo e affrontando io, avrebbe potuto incoraggiare qualcun altro nella mia stessa situazione.
Così, più aumentava in me la paura di non riuscire a trovare la cura adatta, più determinavo di utilizzare tutte le mie sofferenze per incoraggiare le altre persone nelle loro lotte. Mi trovai a raccontare la mia storia a tutte le persone con cui creavo un legame, e mi resi conto di quanto questo semplice atto umano racchiudesse l’immenso potere di infondere speranza e incoraggiamento negli altri.
Ne seguì un periodo di analisi mediche invadenti e difficili da sostenere, che però, essendo accompagnate dalla mia pratica quotidiana e dagli sforzi assidui, mi trovai a vivere come delle grandissime fortune. Da un certo punto di vista, la malattia era diventata la mia più cara amica, perché mi aveva permesso di crescere e di sforzarmi ogni giorno nella direzione della felicità mia e degli altri.
Ad oggi tutto ciò mi ha consentito di avere il coraggio di cambiare lavoro e di iscrivermi ad un corso per diventare assistente di studio odontoiatrico. Ho già trovato una struttura in cui svolgere il tirocinio, che mi ha proposto di collaborare a degli eventi per mettere a disposizione le qualità che ho sviluppato in questi anni. Rispetto alla mia carriera nella danza come ballerina e maestra, posso finalmente affermare di non essere più schiava nel far dipendere il mio valore in base alla realizzazione o alla precarietà di questo lavoro, di provare un senso di infallibilità quando sono a lezione e nel trasmettere la mia passione agli allievi, ma soprattutto, la conquista più grande, è provare immensa gratitudine per tutto ciò che la danza mi ha insegnato nell’arco della mia vita, in modo particolare a perseverare nella fede.
Per questo motivo la mia determinazione quotidiana è sempre quella di utilizzare la mia sofferenza per diventare un essere umano migliore, di essere libera e felice per mostrare l’infinito potenziale insito nella vita di ciascun individuo, e di continuare a realizzare la pace nel mio ambiente più prossimo, fino alla fine.