COME PUO’ L’ARTE AIUTARCI A SUPERARE LE BARRIERE DELLA NOSTRA SOCIETA’?

  • Autore dell'articolo: di T. Catalano
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D. Ikeda scrive: “Rivitalizzare le persone attraverso il Buddismo, unire le persone per mezzo della cultura, costruire ponti di pace duratura: queste azioni costituiscono la nostra missione nella società. […] La cultura e l’arte creano una risonanza di sentimenti che echeggia nei cuori delle persone e le unisce” (NRU, 30, 310-311).

SUPERARE LE BARRIERE DI GENERE NELL’ARTE PER LA TRASFORMAZIONE DEL KARMA DELL’UMANITA’

Il trionfo internazionale del film Barbie di Greta Gerwig e di C’è ancora domani di Paola Cortellesi, l’uscita della pellicola Gloria! di Margherita Vicario (che ha affrontato il tema delle donne compositrici nel Sette-Ottocento) e la recente affermazione artistico-musicale di Annalisa (è stata la prima cantante italiana premiata ai Billboard Women in Music a Los Angeles, ha vinto in questo stesso 2024 due Telegatti, il premio SIAE per la canzone Sinceramente, mentre col brano Storie brevi cantato con Tananai, che ha ricevuto la certificazione di platino, ha vinto il premio Power Hits Estate 2024 come canzone dell’estate) hanno contribuito complessivamente ad approfondire il dibattito italiano sul ruolo delle donne nell’arte e le difficoltà che esse spesso affrontano per affermarsi nella carriera in quanto donne. In genere, si avverte oggi la necessità di superare quell’ottica che ha escluso le donne dall’esercizio autonomo della professione artistica: ottica che, a ben vedere, ha profonde origini storiche e culturali, almeno in Occidente. Si pensi che, fino alla fine del Settecento, a teatro le parti femminili potevano essere recitate solo da attori maschi. Il caso dei fratelli Mozart è poi particolarmente emblematico. Wolfgang Amadeus Mozart e sua sorella Nannerl Mozart vissero la loro infanzia da veri bambini prodigio della musica. Il padre Leopold li portava in giro per tutte le corti d’Europa per farli esibire insieme in concerto. Più tardi, una volta cresciuti, soltanto ad Amadeus, in quanto maschio, fu permessa dal padre la facoltà di comporre la musica e proseguire la carriera artistica. Nannerl non poté più esibirsi né pubblicare la sua musica: come tante altre donne del suo tempo fu fatta sposare con un uomo molto più anziano di lei e rinunciò al sogno di fare la musicista pur essendo dotata di un talento fuori dal comune.

Ma perché fa così paura una donna-artista? Perché una donna intellettualmente e artisticamente creatrice è per antonomasia l’esempio di donna libera ed emancipata. Su questo tema, come noto, Virginia Woolf ha scritto il noto saggio Una stanza tutta per sé, pubblicato nel 1929. Woolf sottolinea come le donne siano state storicamente escluse dall’attività letteraria e artistica a causa del sistema culturale e sociale patriarcale, al punto che una donna che volesse fare la scrittrice di professione non potrebbe mai avere uno studio privato come gli uomini, una stanza tutta per sé, dove concentrarsi e raccogliere in solitudine le proprie idee. In età vittoriana, infatti, le poche donne scrittrici componevano nelle sale comuni della casa (come il salotto per esempio), perché dovevano contemporaneamente controllare i loro figli e svolgere le altre attività domestiche. Il paradigma culturale patriarcale è un paradigma socio-culturale che prevede la predominanza degli uomini in ambito economico, politico, sociale, ideologico (B. Miller, Antropologia culturale, Pearson, 2019, p. 299). Nell’etimologia della parola patriarcato, troviamo πατήρ (patēr), “padre” in greco antico, e ἄρχω (arkhō), “comando”. Dunque il paradigma culturale patriarcale è socialmente basato sul potere, esercitato storicamente dagli uomini sulle donne. In altre popolazioni umane vige, per esempio, il matriarcato, che corrisponde alla predominanza delle donne in ambito economico, sociale, ideologico (B. Miller, Antropologia culturale, Pearson, 2019, p. 297). Perciò, che si tratti di patriarcato o di sistema matriarcale, al centro della questione rimane sempre il tema del potere e del comando di alcuni esseri umani su altri esseri umani. Il film C’è ancora domani di Cortellesi mostra bene come, da secoli, un metodo utilizzato dagli uomini per controllare le donne nella società patriarcale sia l’espressione “Stai zitta!”, che nega libertà di pensiero, di espressione e di autodeterminazione della donna. Questa è una dinamica che viola, in verità, il rispetto della dignità della vita. Il Buddismo di Nichiren, che si basa a sua volta sul Sutra del Loto (che contiene l’insegnamento definitivo del Budda storico Shakyamuni), è rivoluzionario perché insegna che tutti gli essere viventi possiedono lo stato vitale della Buddità [I dieci mondi: perché la condizione interiore è così importante? • Il Volo Continuo], che possono risvegliare attraverso la recitazione di Nam myoho renge kyo [Nam Myoho Renge Kyo: una pratica per arricchirsi di virtù! • Il Volo Continuo]. 

Se ci basiamo sugli insegnamenti del Buddismo di Nichiren, comprendiamo come il paradigma culturale patriarcale non crea affatto valore nella società, bensì disparità e discriminazioni su molteplici fronti (si pensi che a causa del patriarcato le donne non hanno potuto votare in Italia fino al 1946). Il Buddismo di Nichiren, insegna che tutti gli esseri viventi hanno pari dignità. Se quindi dal punto di vista della fede buddista non devono esistere disparità e discriminazioni sociali, economiche o politiche tra uomini e donne, paradigmi socio-culturali che non si fondano sul pieno rispetto della dignità della vita e l’eguaglianza delle persone, così come fa il patriarcato, si rivelano ancorati profondamente all’oscurità fondamentale [Bene e Male – Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (sgi-italia.org)]. Quest’ultima è “detta anche ignoranza fondamentale o ignoranza originale”. Rappresenta “l’illusione profondamente radicata, inerente alla vita, che si ritiene sia all’origine di tutte le altre. Oscurità in questo senso indica l’incapacità di vedere o riconoscere la verità, in particolar modo la vera natura della propria vita, […] la natura di Budda innata” (Dizionario del Buddismo, 414).
In definitiva, nello sforzo che mettiamo per raggiungere la parità di genere in ogni ambito, come quello artistico ora trattato, rappresenta più profondamente un tassello fondamentale per la rivoluzione umana dell’intero genere umano [La rivoluzione umana: come la storia di trasformazione della nostra vita può influenzare chi ci circonda • Il Volo Continuo] e la trasformazione del karma dell’umanità [Il karma: destino immutabile o forza motrice per la vita? • Il Volo Continuo]. Come scrive D. Ikeda: “In poche parole, si tratta di passare da una civiltà materialistica a una civiltà della vita, da una società di controllo e sottomissione a una società di compassione e armonia” (SSDL, vol. 3, 190).

LA SOCIETÀ CREATIVA: TUTTI POSSIAMO ESSERE ARTISTI 

Abbiamo visto nel paragrafo precedente come, per ragioni storiche e culturali, le donne siano state da secoli estromesse dalla carriera artistica. Ad un attento esame, si osserva come ancor oggi l’arte, che porta senza dubbio un vantaggio e un benessere sostanziali alle persone, non sia ancora completamente di tutti e per tutti: soprattutto oggi non tutte le persone possono o riescono a contribuire alla diffusione della cultura. Le pedagogiste e i pedagogisti stanno sempre più notando, a partire già dagli eminenti e illustri studi di Dewey e di  Montessori, come l’arte (soprattutto il fare creativamente con le mani) giochi un ruolo centrale in ambito didattico per lo sviluppo cognitivo del bambino. Secondo la psicologia, l’arte contribuisce notevolmente alla riduzione di stress e di ansia. Nell’opera L’Educazione creativa T. Makiguchi afferma:

Dovremmo innanzitutto sottolineare che la creatività si rivela come una caratteristica esclusiva dell’educazione umana. […] L’apprendimento umano non è determinato dalla costituzione fisica o dall’informazione genetica. In altri termini una generazione può trasmettere le capacità e le conoscenze acquisite a quella successiva solo attraverso l’educazione. Questa natura aperta e non strutturata dell’apprendimento umano spiega la creatività umana“.

 (T. Makiguchi, L’Educazione creativa, La nuova Italia, 2000, 38)

A questo proposito, D. Ikeda propone un nuovo modo di approcciarsi all’arte, un metodo universale che rompe tutte le barriere tra le classi sociali, tra persone più o meno istruite a livello avanzato e le disparità di genere. Ikeda sostiene infatti che le persone possano avvicinarsi all’arte senza i pregiudizi imposti da parte dei commenti dei critici (di cui non nega assolutamente l’importanza, soprattutto per quanto concerne l’esegesi delle opere) o dai giudizi della società. Ci esorta tutti, insomma, ad approcciarsi ai grandi capolavori dell’arte direttamente col cuore e con la mente, da persone libere, concentrandoci su ciò che sentiamo intimamente dentro di noi. In definitiva, D. Ikeda ci incoraggia a coltivare l’arte nel quotidiano, sia come spettatori sia come artisti, seppur dilettanti: “Divertirsi a dipingere o cantare, prendendo la cosa come un hobby può essere un modo di partecipare alla diffusione della cultura. […] La cultura e l’arte non sono decorazioni o accessori, ciò che importa è che la cultura arricchisca la sostanza concreta della nostra vita” (Ibidem, 172-173). Questa idea sociale che Ikeda ha dell’arte si collega a un fine più grande: la formazione di una società creativa promotrice di pace

Se l’arte è in grado di formare persone creative, riuscendo tramite la creatività ad aprire il loro cuori e le loro menti, essa stessa, una volta coltivata dalle persone nel quotidiano, potrà formare individui dalla mentalità aperta, ben disposti al dialogo, capaci di immaginare nuovi orizzonti per promuovere la pace. Per questo, D. Ikeda ci esorta appunto a sviluppare, nelle nostre singole vite, la creatività, tanto di tipo propriamente artistico quanto utile per immaginare un mondo migliore, ben focalizzato sul grande obiettivo ultimo di tale operazione: trovare soluzioni innovative ai problemi e le disuguaglianze che attanagliano la nostra società. Infatti scrive:

“Quando l’umanità completamente realizzata incontrerà l’arte, nascerà la vera arte dell’umanità. La vostra missione è dare vita a un futuro meraviglioso e creativo”.

(Ibidem, 190)