REALIZZARE SE STESSI TRA ANSIA, ERRORI E PERFEZIONE

  • Autore dell'articolo: di T. Catalano
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Viviamo in una società estremamente competitiva e materialistica. Questo ci porta spesso, come giovani, a provare molta ansia da prestazione, perché vogliamo raggiungere la perfezione. Ma ha senso parlare di essere perfetti alla luce del Buddismo di Nichiren?

L’ANGOSCIA DELLA PERFEZIONE: UN QUADRO DELLA SITUAZIONE

La società della performance in cui oggi viviamo, caratterizzata dall’ideologia della meritocrazia – che, nonostante le evidenti disuguaglianze economiche, culturali e sociali fra le persone, non dà gli stessi strumenti a tutti – ci spinge a dover dimostrare d’essere perfetti, di esserci meritati la pubblica approvazione solo se abbiamo raggiunto certi risultati eccellenti alla luce del giudizio sociale in ogni ambito (studio, lavoro, famiglia, salute, amore). In questo sistema, non possiamo commettere errori né mostrare alcuna fragilità: pena il disonore sociale, la frustrazione, l’angoscia del fallimento. È così che molti di noi non si sentono all’altezza, soffocati dal peso delle aspettative personali e altrui. In un sistema socio-culturale iper-competitivo, materialistico, dove il possedere prevale sull’essere, le nostre menti si misurano con l’ansia da prestazione e l’ansia di dover essere perfetti che ci inducono a trasformarci, sentirci delle macchine che devono sempre performare, produrre (e consumare, si potrebbe aggiungere). Quanti di noi avranno affermato, almeno una volta, o avranno sentito uno/a loro amica/o dire: “Sono molto angosciato/a, sento di non essere stato/a molto produttivo/a oggi”.
Nel frattempo, soprattutto dopo la pandemia1 , si riscontra tra bambini, adolescenti e giovani un esponenziale aumento di casi di ansia, depressione e disturbi alimentari 2 (come anoressia, bulimia). I mass media, i social, la pornografia, mescolando realtà e finzione, mostrano modelli superficiali e illusori, che esaltano valori fuorvianti e diseducativi, per chi non ha gli strumenti per capirlo. Di fronte a tutta questa ostentazione di ricchezza, bellezza, successo, ci sentiamo spesso inferiori, o delle nullità al confronto, mentre intanto proliferano l’invidia e l’odio sociali in rete. Tutto questo si inserisce, come noto, in un contesto globale di incertezza e aumento delle disuguaglianze. Ecco, dunque, che se volessimo individuare il peso che ha il mito della perfezione sulla vita delle persone, troveremmo che essa si staglia, per così dire, su tre linee fondamentali: il corpo, le relazioni, il lavoro. Per quanto concerne il primo ambito, oggi si osserva una frequente attenzione verso il raggiungimento della perfezione del proprio corpo dal punto di vista estetico: è tuttavia una perfezione dettata spesso più da modelli offerti dai media e social-media (dove, ricordiamocelo, possono essere utilizzati filtri che alterano le foto, e quindi la verità dell’immagine) più che dalla vita reale o dai gusti personali. Ormai, si sa, sta spopolando l’utilizzo della chirurgia estetica tra adolescenti: è un regalo che va particolarmente di moda fra e per i /le neodiciotenni 3.
Al di là di come la si pensi, il punto è che la ricerca della perfezione estetica che arriva a toccare il proprio stesso corpo, quando si è ancora così giovani e il corpo stesso lo si deve ancora scoprire davvero, è la spia di qualcosa di più serio e radicato. Indica forse un disagio, una profonda insicurezza di fondo, una sofferenza non di poco conto, che coinvolgono un’intera generazione.

DA DOVE NASCE L’IDEA DI PERFEZIONE?

Se ricostruiamo brevemente la storia dell’ideale di perfezione, bisogna partire dalla sua etimologia. Il termine, nel senso corrente, indica stato, qualità di ciò che è eccellente, esente da difetti, non suscettibile di miglioramenti. Deriva dal participio passato latino perfectus, che significa completamente compiuto in tutte le sue parti. Il concetto di perfezione nasce nell’Antica Grecia. A quel tempo, il modello massimo a cui aspirare era l’uomo (era una società patriarcale!) καλὸς καὶ ἀγαθός (kalòs kai agathòs), bello e buono: nobile e senza macchia, tanto nel corpo come nello spirito. È dunque un concetto estetico-morale che si è radicato in tutti gli ambiti della società greca, condizionando per secoli la cultura occidentale fino ai nostri giorni.
In generale, gli Antichi Greci, fondatori della filosofia occidentale, tendevano a ricercare l’ordine, la razionalità, l’armonia da anteporre al caos, all’irrazionalità, alla disarmonia: l’idea di perfezione, cioè di qualcosa completamente compiuto e concluso, ma anche senza difetti, era congeniale alla loro sensibilità. Il tempio greco non è forse il massimo esempio d’esaltazione del concetto di perfezione? Non lo è forse più di tutti il Partenone di Atene, il più celebre tempio della storia? Gli Antichi Greci furono in realtà i primi ad accorgersi che l’ideale estetico di perfezione era un qualcosa di impossibile da raggiungere. Per questo, progettarono delle correzioni ottiche che alteravano i normali rapporti tra gli elementi architettonici degli edifici templari per dare l’illusione delle linee rette, perfette da lontano, quando in realtà le varie parti erano state modificate. È quello che si riscontra appunto nel Partenone di Atene, tempio del V sec. a. C. dedicato alla dea Atena, progettato da Ictino e Callicrate con le statue di Fidia. Analizzando bene l’edificio, si scopre che nessun elemento dell’opera (nessun blocco di marmo, nessun architrave, alcuna colonna) è uguale all’altro: sono tutti di dimensioni diversi, accuratamente misurati e disposti per far sembrare perfetto, uguale ciò che perfetto non è, in una coerente e straordinaria unità. Dunque, comprendiamo che l’idea di perfezione come assenza di errori, di difetti, è in realtà più profondamente … un’illusione! Spingendoci a conformarsi agli stessi schemi precostituiti che la società si aspetta da noi, contribuisce inoltre all’omologazione, minando il concetto di diversità e unicità degli esseri umani. 

REALIZZARE SE STESSI SFIDANDOSI COMPLETAMENTE

Il Buddismo di Nichiren ci incoraggia a superare tutti i nostri limiti interiori e a vincere in ogni aspetto della nostra vita, sprigionando l’infinito potenziale che è già dentro di noi grazie alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo  e incoraggiando gli altri a fare lo stesso. Questo processo che ci permette di migliorare la nostra esistenza realizzando contemporaneamente i nostri desideri è la rivoluzione umana. Per quanto sia vero che, concentrandoci su un obiettivo preciso riusciamo poi a sbloccare con la fede anche gli altri che abbiamo in parallelo, spesso tuttavia, pur sapendo che tutti i sogni hanno eguale importanza, pari dignità, cadiamo nella trappola della mente che ci dice: “Sì, ora mi dedico solo a questo obiettivo; a quest’altro, anche se forse lo desidero, ci penserò più in là”. Così stiamo solo limitando la nostra preghiera, la nostra crescita. In realtà, è proprio quando decidiamo di dare battaglia alle nostre paure, determinando di sfidarci con eguale, massimo impegno in ogni ambito della vita, che torniamo piuttosto al senso autentico, etimologico, del termine perfezione: al completamento fatto e realizzato in tutte le sue parti. Quindi la vera perfezione non sta nel risultato, ma nella sfida totale con se stessi! Come scrive Nichiren: “Si dice che il leone, re degli animali, avanzi di tre passi, poi si raccolga su se stesso per saltare, sprigionando la stessa potenza nel catturare una piccola formica o nell’attaccare un animale feroce” (RSND, 1, p. 365).
Il processo di rivoluzione umana permette di realizzarci come esseri umani a 360 gradi, come persone che, essendosi sfidate con passione, gioia e gratitudine, coraggio, determinazione e compassione, hanno forgiato le loro vite vincendo sul lavoro, in famiglia, nell’amore, nell’amicizia ecc. Senza rimpianti grazie appunto alla fede, diventiamo persone che hanno raggiunto un grado di felicità assoluta. Come scrive sempre Nichiren: “Ma solo la tua fede determinerà tutte queste cose. Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare. La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede” (RSND, 1, p. 365).
Per il Buddismo di Nichiren, non siamo Budda perfetti, ma tutti Budda perfettamente dotati. Ma che cosa significa questo? Quando abbiamo paura di una determinata situazione, per esempio, la nostra mente pensa che potrà affrontarla solo quando avrà trovato il coraggio necessario, ma così facendo va a cercare qualcosa all’esterno da sé. In realtà, quel coraggio è già dentro di noi. Attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e l’azione, lo possiamo far emergere. Questo significa essere perfettamente dotati, e non Budda perfetti. Grazie all’infinito potenziale insito in loro, gli esseri umani hanno già dentro di sé tutto ciò di cui hanno bisogno, Quando ci sediamo davanti al Gohonzon, cominciamo a recitare Nam-myoho-renge-kyo, possiamo chiedere sinceramente qualsiasi cosa. È questo punto che ci permette di poter superare qualsiasi genere di sfida, di essere i veri protagonisti delle nostre esistenze, in grado di influenzare in modo attivo il nostro ambiente.
Come interpretare allora errori e fallimenti? Se affrontiamo ogni situazione con fede, tutto ciò che ci accade, che sia apparentemente negativo o positivo, ha un significato, che possiamo comprendere solo se ci sfidiamo fino in fondo tramite la preghiera e l’azione. Perciò, D. Ikeda ribalta la tradizionale visione sui fallimenti e scrive: “Spero che voi, miei cari giovani, non vi farete spaventare dagli errori. Tutto si trasforma in esperienza formativa, e abbiamo il potere di cambiare le cose. Ricordate: “Gli errori sono la causa del successo” (Day by day, 1 maggio 2024).

NOTE:
1-https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/medicina-e-ricerca/2024-05-29/disagio-giovanile-494percento-adolescenti-soffre-ansia-o-depressione-risultati-progetto-mi-vedete-094216.php?uuid=AFc
2-https://www.salute.it/le-conseguenze-post-covid-negli-adolescenti-ansia-depressione-dca-e-disturbi-del-sonno/
3-https://www.alfemminile.com/culture/chirurgia-estetica-adolescenti/