Spesso ci chiediamo: “Che farò della mia vita? È più giusta questa o quella strada?”. Il peso delle scelte si riverbera su ogni aspetto della nostra vita (l’amore, la famiglia, il lavoro ecc.) fino ad arrivare a un punto più alto e profondo: la scelta fra bene e male. La questione è, ad esempio, al centro del pensiero di S. Kierkegaard (1813-1855). Per il filosofo danese, l’essere umano s’imbatte sempre in un infinito numero di possibilità di scelta nel corso della propria vita. Questa infinità di prospettive, di possibili alternative e decisioni che andranno a orientare il proprio futuro genera un profondo sentimento di inquietudine che Kierkegaard definisce angoscia e malattia mortale (non senza una certa vena di innegabile pessimismo). Ma qual è il reale punto di vista del Buddismo di Nichiren intorno al tema delle scelte?
IL BIVIO DI UNA DECISIONE IMPORTANTE
Potrà essere scegliere questa o quella determinata scuola, università, questo o quel lavoro, restare con questa persona o lasciarla, trasferirsi o rimanere dove si è. La cosa che rimane costante è che la vita ci mette sempre davanti a delle scelte, che determineranno il nostro futuro. È ciò che caratterizza in fondo proprio la nostra esistenza umana, croce e delizia della nostra libertà (infatti è quando non siamo più liberi che non possiamo più scegliere e viceversa). Ma come affrontare simili situazioni dal punto di vista del Buddismo di Nichiren? D. Ikeda scrive:
“Quando nel corso della vita ci troviamo a fare una scelta importante e decisiva fra due diverse possibilità, dovremmo sempre scegliere serenamente la via del grande io, cioè la via eterna e immutabile della fede. Fino a quando avremo questa direzione, sarà naturale per noi continuare a progredire con lo scopo di vincere nella società. Il Buddismo insegna a vincere. Anche se dovessimo subire qualche momentanea sconfitta nel nostro ambito sociale, è certo che alla fine riusciremo a vincere alla fine basandosi sulla fede e con lo spirito di “pregare il Budda per la vittoria finale”, come ha scritto il presidente Toda in una sua poesia. Alla luce degli insegnamenti del Daishonin la nostra vittoria è assolutamente certa”.
BS, 203, 54.
Dunque, dal punto di vista della fede, tutto quello che ci accade ha sempre un profondo significato, che riusciremo a capire se continuiamo a perseverare nella recitazione di Nam-myoho-renge-kyo senza indietreggiare e ci basiamo nelle nostre azioni sugli insegnamenti di Nichiren e di D. Ikeda. In questo senso, quest’ultimo aggiunge:
“Tutto dipende dalla strada che decidiamo di imboccare nei momenti decisivi della vita: sceglieremo il sentiero che ci aiuta a crescere e a svilupparci come esseri umani oppure sceglieremo il sentiero della stupidità, in cui veniamo costantemente controllati e influenzati dalle opinioni altrui? In un certo senso potremmo affermare che nella vita siamo sempre di fronte a un bivio, per questo motivo è necessario avere un solido criterio su cui basarsi per scegliere ogni volta la via giusta”.
BS, 203, 54.
LA SCELTA FRA BENE E MALE
Parlando a proposito del ruolo delle scelte nelle vite delle persone, non si può non approdare alla fondamentale questione del bene e del male. In opere come Aurora (1881), Al di là del bene e del male (1886) e Genealogia della morale (1887), F. Nietzsche decostruisce il tradizionale concetto di morale, smontando le idee di bene e di male alla base della società occidentale e sottolineando il relativismo sotteso a tali termini. Dio e la religione sono per il filosofo tedesco una costruzione degli uomini per dare risposte alle proprie inquietudini interiori e per esercitare potere sulla società (la religione è per lui un instrumentum regni in mano a potenti e sacerdoti). Così Nietzsche mostra l’azione di controllo che i termini bene e male in senso morale, costruiti concettualmente e filosoficamente dagli uomini per sorvegliare le vite di altri esseri umani, hanno esercitato sulle persone. Si pensi, in questo senso, che fino al secolo scorso l’omosessualità era considerata un reato contro la morale, oggi impensabile, e lo stupro semplicemente un reato contro il buon costume, senza riconoscervi la violenza che c’è dietro. Certamente, da un punto di vista antropologico, i concetti di male e bene sono relativi a seconda del tempo e della società in cui si vive: in una società con un determinato paradigma culturale, in un determinato tempo, bene e male avranno un significato, in un’altra un altro ancora. Esistono allora dei principi universali e sempre validi di bene e male? Per il Buddismo di Nichiren il loro autentico significato risiede nel principio di unità di bene e male [Bene e Male – Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (sgi-italia.org)]. A questo proposito D. Ikeda scrive: “Oscurità e illuminazione sono le due facce dell’unica entità della Legge mistica. […] Tutti abbiamo la natura del male nella nostra vita e […] se la natura del male non impedisse di conseguire la Buddità, nessuno potrebbe conseguirla. Quindi il fatto che anche le persone malvagie possano divenire Budda riguarda tutti noi. […] Si è portati a ritenere che il Budda sia l’opposto del male, che abbia completamente sradicato il male dalla sua vita. Ma un essere umano non può sradicare completamente il male presente nella propria vita. […] Non lottare contro il male è di per sé male. Con questa convinzione Makiguchi sostenne l’importanza di creare attivamente il bene” (SSDL, vol. 3, 160-164). È significativo che nel terzo canto dell’Inferno Dante collochi i cosiddetti ignavi, coloro che in vita, per tornaconto personale, per calcolo, indifferenza o semplice codardia, visser sanza ‘nfamia e sanza lodo (Inferno, cant. III, v. 37), cioè senza infamia né lode. Essi non si sono mai schierati né dalla parte del bene né da quella del male. Indegni sia dell’Inferno che del Paradiso, sono condannati a risiedere nell’Anti-Inferno, mentre misericordia e giustizia li sdegna (Inferno, cant. III, v. 50). Nichiren scrive: “Si può recitare perfettamente il Sutra del Loto, ma è ben più difficile metterne in pratica gli insegnamenti” (RSND, 1, 174). Sostiene inoltre: “Per quanto sinceramente una persona creda nel Sutra del Loto, se è colpevole di non aver rimproverato un’offesa alla Legge cadrà nell’inferno, così come una zampa di granchio può rovinare mille vasi di lacca” (RSND, 1, 663-664). Qui Nichiren spiega che, se nel nostro ambiente ci troviamo davanti a persone o situazioni che offendono la Legge, cioè non rispettano la dignità della vita, è importante tirare fuori coraggio e mostrare quale sia la visione corretta dal punto di vista del Buddismo di Nichiren: questo perché altrimenti diventeremmo noi stessi complici di chi tradisce la Legge mistica. Ma come fare? Come riconoscere il vero bene, il vero male? Serve innanzitutto sviluppare saggezza, attraverso una pratica buddista assidua e corretta. Sempre D. Ikeda scrive:
“Cos’è allora il bene? E cos’è il male? Questa è, e rimarrà sempre, una questione di importanza cruciale per gli esseri umani. Perciò quello che possiamo affermare in maniera inequivocabile è che Nam-myoho-renge-kyo è il bene supremo. Nam-myoho-renge-kyo è la grande Legge, eterna e immutabile, che pervade l’intero universo. Poiché è una Legge universale, non è qualcosa che è stata creata da qualcuno. E non è qualcosa che si può cambiare. È la verità. […] La vita di coloro che abbracciano la legge mistica e si dedicano a kosen-rufu rappresenta il bene supremo, il bene fondamentale”.
NR, settembre 2024, p. 9.
MA ANCHE LA SPERANZA È UNA SCELTA
Di fronte alle difficoltà che incontriamo nel corso della vita, è facile cedere al pessimismo, che è particolarmente sottile, perché, con argomentazioni apparentemente logiche basate sulla ragione, domina la nostra mente togliendole energia vitale. Per questo, la speranza diventa una scelta, che va oltre il puro e cinico buon senso. Questa speranza nasce infatti da un cuore pieno di gratitudine che pensa che tutto si possa sempre trasformare trasformando noi stessi e crede fermamente che le sfide che sta ora affrontando siano l’opportunità più grande per migliorare la propria vita. Quando ci sediamo davanti al Gohonzon e cominciamo a recitare con determinazione Nam-myoho-renge-kyo, col desiderio sincero di voler trasformare la nostra vita, si aprono davvero davanti a noi nuovi orizzonti: e ogni preghiera non manca di ricevere risposta. Come scrive D. Ikeda:
“Considerate ogni nuova sfida come un’opportunità per recitare più daimoku. […] Fate sgorgare una poderosa forza vitale, sorridendo dei vostri problemi. Godeteveli. Più opprimenti sembrano i vostri problemi più forti e positivi dovreste cercare di essere! Avanzate con cuore leggero, alzando un canto di speranza. La gente si raccoglie volentieri attorno a chi è allegro e ottimista qualsiasi cosa accada. Laddove esiste questo spirito si prospera e si vince”.
D. Ikeda, Una rivoluzione della leadership, 70-71.