In un suo celebre film, Nanni Moretti esclama: “Le parole sono importanti!” Oggi sembra quasi che la gente abbia perso la piena cognizione di quale sia il significato delle parole, quali siano accettabili e quali no, quale sia la differenza fra libertà e maleducazione. Tutto ciò è evidente nel linguaggio dei media tradizionali e dei social network. Come possiamo fare per risolvere una simile condizione?
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UNA FOTOGRAFIA DELLA SITUAZIONE
I media contemporanei sono pervasi dal linguaggio della violenza. In televisione, troviamo soubrette che si acciuffano e si strappano i capelli, imprecando l’una contro l’altra, oppure assistiamo a politici che si offendono e si parlano sopra per impedirsi l’un l’altro di esprimere il proprio pensiero liberamente. Sui social network imperversa il turpiloquio, l’offesa personale (perfida, cattiva, aggressiva, gratuita): è il linguaggio degli hater, col quale tutti si sentono in diritto di offendere chiunque. È interessante notare che alcuni influencer si servano proprio degli hater, affinché, sfruttandone le potenzialità attraverso vari algoritmi e altre numerose diavolerie, possano avere più successo sui social (ad esempio, gli hater permettono di far parlare di sé e accrescere i propri follower). La politica odierna ha ereditato questi elementi e li sfrutta a proprio vantaggio. Il linguaggio dell’odio e della violenza, spesso legato a tendenze razziste, misogine e xenofobe, fa da padrone nei dibattiti pubblici, nelle piazze come sui social, permeando il lessico dei nostri tempi. Tutto questo contrasta con chi porta un messaggio di pace e dialogo, educazione e cultura.
Per il Buddismo offendere gli altri, quindi la vita, significa creare karma negativo. Non esiste solo il karma negativo personale, ma anche quello della comunità: in sintesi, come esiste il karma di un individuo preso singolarmente, similmente un insieme di più individui (una coppia, una famiglia, un gruppo, una società) avrà il suo peculiare karma, che condizionerà necessariamente anche quello dell’individuo singolo che ne fa parte. La questione è allora di primaria importanza. Come scrive Nichiren: Ora, se prima di tutto vogliamo garantire la sicurezza del paese e pregare per le nostre esistenze, presenti e future, dobbiamo affrettarci a esaminare la situazione e porvi rimedio il più presto possibile (RSND, 1, 24).
IL KARMA, UNA BREVE SINTESI
Quando sentiamo parlare del Buddismo, ci viene subito in mente la parola karma. Ma che cos’è? È un concetto complesso che rimanda alle potenzialità nel regno profondo e inconscio della vita, create attraverso le proprie azioni nel passato o nel presente e che si manifestano in diversi effetti nel futuro (DIZIONARIO DEL BUDDISMO, 296). Il termine deriva dal sanscrito karman, che ha il significato di azione, atto compiuto che porta ad un sicuro risultato futuro o effetto. Come si produce? Attraverso i nostri pensieri, parole e azioni. Significa che il pensiero, le parole e il comportamento, buoni o cattivi, restano nella vita di ciascuno come forza latente o potenziale. Questa forza latente, o karma, quando viene attivata da uno stimolo esterno, produce un corrispondente effetto, positivo o negativo, felicità o sofferenza. […] Secondo tale concetto del karma, sono le azioni compiute nel passato a dare forma alla realtà del presente, mentre le azioni del presente, a loro volta, influenzeranno il futuro (ibidem). Per il Buddismo di Nichiren, attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo o Daimoku si possono cancellare gli effetti del karma negativo accumulato nel passato e porre le cause per gli effetti positivi nel futuro. Si comprende che dovremmo essere molto attenti, scrupolosi nelle nostre azioni, parole e pensieri del presente, perché sono questi ultimi elementi che determinano il nostro futuro. La recitazione assidua e costante di Nam-myoho-renge-kyo, ci mette in grado di avere una mente più illuminata, il che significa sviluppare saggezza. Ma che tipo di saggezza? Quella necessaria per affrontare, risolvere ogni circostanza della vita, sempre nella direzione della creazione di valore. Facciamo un esempio pratico. Quando c’è da opporsi al male, alla violenza, all’ingiustizia, si deve parlare, anche con fermezza e risolutezza, se è necessario. Il punto è: quali parole utilizzeremo? Come sarà la nostra voce, quando parleremo? Se è vero che ognuno si esprime in modo personale, unico, allora ciò che conta non è tanto la parola in sé per sé – anche se, in un’ottica di causa-effetto, forma e contenuto non possono che andare necessariamente di pari passo – quanto, più profondamente, l’intenzione o direzione del cuore che c’è dietro. Ma come far emergere la giusta direzione del cuore da dentro di noi? Sempre attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo.
LA FORTUNA VIENE DAL CUORE E CI FA ONORE
Nichiren Daishonin scrive a questo proposito: la sfortuna viene dalla bocca e ci rovina, la fortuna viene dal cuore e ci fa onore (RSND, 1, 1008). Da queste affermazioni si comprende pienamente come tutte le azioni che compiamo per sostenere gli altri con compassione (cioè tutti i pensieri, parole e azioni dirette alla nostra e altrui felicità) si tradurranno in fortuna e in benefici nella nostra vita e amplieranno la nostra personale condizione vitale, aprendo la nostra vita e il nostro cuore. Si può recitare perfettamente il Sutra del Loto, ma è più difficile metterne in pratica gli insegnamenti (RSND, 1, 174). In una società come la nostra, è certamente difficile sottrarsi al linguaggio dell’odio e della violenza. Tuttavia, come afferma D. Ikeda, la vita è una battaglia […], la vita è una sfida […], la vita è un allenamento (D. Ikeda, Cos’è la rivoluzione umana, 163). Il punto è decidere di cambiare il nostro atteggiamento nei confronti degli altri, per adottare un comportamento pienamente umano: in ultima analisi, compiere una controtendenza rispetto a quello che è l’attuale modo di pensare e l’odierno andamento della società. Ogni giorno risulterà così un’opportunità per dare il proprio contributo alla pace e alla felicità di tutta l’umanità – compresa la nostra – e per realizzarsi in un modo di vivere indirizzato alla creazione di valore (ibidem, 101).