Nella realtà di tutti i giorni siamo spesso portati a pensarci in balìa degli eventi e di tutto ciò che ci circonda; come se non avessimo nessun controllo su niente e dovessimo solo stare attenti a “saltare sul treno giusto”.
Le cose, però, non stanno proprio così. Infatti, il Buddismo ci insegna che siamo solo noi “a scrivere e a interpretare il copione della nostra vita”1 e che, di conseguenza, siamo noi gli artefici delle nostre vittorie o delle nostre sconfitte. In definitiva, tutto dipende dal nostro atteggiamento, dalla direzione del nostro cuore, dall’ichinen.
Che cosa significa ichinen sanzen
La teoria di Ichinen sanzen, ovvero dei tremila regni in un singolo istante di vita, fu teorizzata da T’ien-T’ai nella sua opera più importante, Grande concentrazione e visione profonda, in cui egli comprese che l’intero mondo fenomenico esiste in un singolo istante di vita di un individuo. Nello specifico, Ichinen sanzen è il principio buddista che chiarisce i vari modi in cui la vita di una persona si esprime di momento in momento.
Da una prospettiva più ampia e alla luce del Sutra del Loto, Ichinen sanzen significa anche che l’intero universo è racchiuso in un istante di vita e, allo stesso tempo, ogni istante di vita permea l’intero universo.
Ichinen Sanzen assume quindi diverse sfumature di significato: definisce il nostro stato vitale, la direzione del nostro cuore, la nostra determinazione e, in generale, il funzionamento della mente umana in ogni momento della vita. Ma, oltre a definire ciò che non possiamo vedere, implica anche un’azione vera e propria: il nostro stato vitale è in costante evoluzione e cambia sulla base delle condizioni interne ed esterne a noi, ma siamo sempre noi a decidere, a indirizzare i nostri pensieri e le nostre azioni. Nichiren Daishonin sottolinea l’importanza di questo principio quando dice di “diventare maestri della propria mente e non lasciare che la mente sia la propria maestra.”2
In quanto esseri umani le nostre menti sono facilmente influenzabili, malleabili, trascinabili di qua e di là a seconda dello stato d’animo che si prova in un dato momento. La cosa importante è indirizzare la nostra mente verso la strada corretta, come spiega Daisaku Ikeda:
Quando la vostra determinazione cambia, tutto il resto inizierà a muoversi nella direzione che desiderate. Nel momento in cui decidete di essere vittoriosi, ogni nervo e fibra del vostro essere si orienterà immediatamente verso il vostro successo. Se invece pensate: “Non funzionerà mai”, allora, in quell’istante, ogni cellula del vostro essere si sgonfierà e rinuncerà a lottare, e tutto si muoverà davvero nella direzione del fallimento.
Daisaku Ikeda, Giorno per giorno, Esperia;
Come funziona in pratica
Da questa prospettiva, ichinen significa che se continuiamo a lamentarci dei nostri problemi e delle nostre difficoltà ma non facciamo niente per cambiare le cose, il nostro stato vitale sarà debole e questo stesso stato di debolezza influenzerà ogni aspetto della nostra vita, generando ulteriori sofferenze.
Allo stesso modo, sviluppare un saldo e forte ichinen significa allenare la nostra mente ogni giorno ad andare al di là del susseguirsi degli eventi quotidiani e a cambiare punto di vista, per esempio chiedendoci cosa possiamo fare con quello che ci succede, che tipo di sentimenti scaturiscono in noi da una determinata situazione e come possiamo elevarli al loro stato più alto. Significa decidere di sfruttare ogni situazione come un’occasione per migliorarci in quanto esseri umani. Come afferma Daisaku Ikeda:
Poiché siamo persone comuni possiamo non capire perché ci succede una certa cosa in un certo momento, ma con il tempo arriveremo a comprenderne il significato. Saremo anche in grado di trasformare positivamente la situazione, cambiando il veleno in medicina.
Daisaku Ikeda, Che cos’è la felicità, Esperia, p. 74;
In altre parole, attraverso la recitazione di Nam myoho renge kyo, in ogni singolo istante delle nostre vite possiamo attingere allo stato vitale della buddità che è insito dentro di noi e manifestarlo. Il nostro ichinen, la nostra intenzione del cuore, si rifletterà sempre nel nostro ambiente, per questo è importante tenere a mente che, soprattutto nei momenti più cruciali della nostra esistenza, “in cui si decide la vittoria o la sconfitta, dovremmo decidere risolutamente di vincere, e recitare daimoku con la forza del ruggito del leone, […] come se dovessimo scuotere tutto l’universo.”3
Spesso, quando soffriamo per un problema che ci pare insormontabile, non vediamo una via d’uscita; ci chiudiamo dentro il nostro dolore e non percepiamo nient’altro che quello. La teoria dei tremila regni in un singolo istante di vita, però, chiarisce che è solo cambiando se stessi che si può cambiare l’ambiente circostante.
Questo non significa che con la nostra mente abbiamo il potere di controllare la realtà e di cambiarla a nostro piacimento, ma che a un livello più profondo, noi e le altre persone, noi e l’ambiente, siamo espressione diversa della stessa cosa, ovvero Nam-myoho-renge-kyo.
Non esiste separazione tra noi e gli altri. Per questo motivo, quando decidiamo di vincere sulle nostre difficoltà e debolezze e ci impegniamo nella recitazione di Nam-myoho-renge-kyo per raggiungere questo scopo, la nostra determinazione interiore ha un effetto molto preciso sul nostro ambiente: tutto intorno a noi assume una luce differente e ci rendiamo conto che davvero esistono tremila possibilità davanti a noi, in ogni istante. Che la grandezza degli esseri umani non è determinata dal loro status sociale, né tantomeno dall’ambiente circostante. “Nel nostro cuore, nella nostra vita, esiste un vasto universo. Noi pratichiamo il Buddismo di Nichiren per aprire questo regno interiore senza limiti”,4 consapevoli che “il primo passo verso un cambiamento nella società è il cambiamento nel cuore di un singolo individuo.”5
NOTE
1- Daisaku Ikeda, Cos’è la felicità, Esperia, p. 66;
2- Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, p. 345;
3- Daisaku Ikeda, Cos’è la felicità, Esperia, p. 46;
4- Daisaku Ikeda, Cos’è la rivoluzione umana, Esperia, p. 38;
5- Daisaku Ikeda, Cos’è la felicità, Esperia, p. 54;